La politica di finanza pubblica impostata nel Documento di programmazione economica finanziaria 1997-99 conferma la volontà del Governo di rendere l'Italia pienamente partecipe al processo di integrazione europea, nella convinzione che eventuali ritardi nell'azione di risanamento finanziario rischierebbero di tradursi in maggiori sacrifici per il paese. Il quadro programmatico previsto nel documento finanziario conferma l'obiettivo di fabbisogno del settore statale per il 1997 in 88mila miliardi con un'incidenza sul Pil pari al 4,5%, in netto calo rispetto all'anno precedente e quello di avanzo primario in 105.400 miliardi, pari al 5,4% del Pil. Per garantire tale fabbisogno l'azione correttiva per il 1997 prevede un intervento sul fabbisogno tendenziale per circa 37.500 miliardi attribuito per oltre due terzi a risparmi di spese e per il rimanente terzo ad aumenti di entrate.
La manovra prevista risulta lievemente superiore a quella proposta nel Documento di programmazione di luglio, per far fronte sia agli effetti di un possibile maggior fabbisogno per il 1996 sia all'assunzione degli oneri connessi al pacchetto di misure a favore dell'occupazione. Il miglioramento che va delineandosi circa le prospettive di ripresa dell'economia, anche a livello internazionale, pone condizioni favorevoli per accelerare i tempi dei criteri di convergenza europea. Il Governo, dando seguito alla possibilità già prevista nel Dpef, ha deciso di indicare nel 3% l'obiettivo di rapporto fabbisogno/Pil per il 1997, con un'ulteriore riduzione rispetto al precedente obiettivo del 4,5%, impegnandosi ad attuare entro il 31 dicembre 1996 provvedimenti aggiuntivi, ancora da definire, per ulteriori 25mila miliardi, dei quali almeno la metà tramite una contribuzione straordinaria sui redditi per l'ingresso in Europa.
Il contributo dell'azione sulla spesa alla manovra di finanza pubblica dovrà assicurare una riduzione delle erogazioni di circa 25mila miliardi, pari all'1,3% del Pil. L'azione, incentrata sul versante delle spese correnti, prevede il mantenimento dei livelli nominali di spesa di tutti i programmi per i quali non è stata ancora perfezionata l'obbligazione giuridica; incrementi di spese per investimenti saranno possibili trasferendone il finanziamento sui fondi comunitari o sull'utenza. Il principio metodologico che ispira la manovra sulla spesa si basa sulla necessità di un riorientamento dell'attività pubblica su priorità strategiche, nell'ottica di un recupero di efficienza nell'uso delle risorse e di una più razionale gestione dei servizi pubblici offerti. Ciò anche nella consapevolezza che le azioni di contenimento attuate negli ultimi anni hanno sostanzialmente corretto le tendenze espansive di fondo della spesa, così che ulteriori aggiustamenti possano essere attuati tramite interventi sempre più mirati, attenti a ridurre i costi dell'azione dello Stato. I risparmi che si prevedono sono destinati, infatti, non a compromettere la funzionalità operativa dei comparti pubblici interessati bensì ad accrescerla, riqualificando l'azione pubblica attraverso un più razionale disegno delle sue forme e dei suoi strumenti, senza sacrificare la tutela degli interessi collettivi cui essa attende.
Sotto il profilo normativo gli effetti di contenimento derivano prevalentemente dalle disposizioni contenute nel provvedimento collegato alla legge Finanziaria recante "misure di razionalizzazione della finanza pubblica" per circa 17mila miliardi e dall'insieme delle correzioni apportate al bilancio a legislazione vigente dalla legge Finanziaria stessa, riferentisi per 4mila miliardi a tagli di stanziamenti, per 3mila miliardi a minori autorizzazioni di spesa per Ferrovie e Anas e per 1000 miliardi a un miglioramento del saldo bilaterale con l'Unione europea.
Completano la manovra le misure contenute nei disegni di legge, varati all'inizio dell'estate, cui è stato riconosciuto carattere di provvedimento collegato, riguardanti la riforma dei bilanci dello Stato, il decentramento amministrativo e lo snellimento dell'attività amministrativa e di procedimenti di decisione e di controllo.
Tali provvedimenti, pur non producendo nell'immediato effetti di risparmio, tuttavia si articolano in attuazione del programma di governo e in coerenza con le specificazioni contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria. In particolare, la riforma del bilancio si pone come anello essenziale per dare prospettiva e impulso al processo di riorganizzazione, nel senso dell'efficienza e dell'economicità della spesa, laddove prevede la costruzione di un modulo di presentazione delle risorse, in entrata e in uscita, in grado di attivare profili di controllo sui risultati, costi e rendimenti strettamente raccordati all'individuazione di aree di responsabilità amministrativa. Allo stesso modo gli altri due provvedimenti vengono ad imprimere nuova accelerazione al programma di modernizzazione e riforma della pubblica amministrazione, mediante l'avvio di un processo forte di trasformazione dell'ordinamento in senso federale nonché di delegificazione e semplificazione dei procedimenti amministrativi, incidendo profondamente anche sugli aspetti "strategici" dei procedimenti stessi, quali il momento decisionale e quello di controllo.
Nell'ambito del provvedimento collegato le misure produttive di risparmio, destinate per il loro carattere strutturale ad avere effetti di correzione permanente degli andamenti di finanza pubblica, si correlano principalmente al riordino degli interventi nei comparti della sanità, previdenza, pubblico impiego e finanza locale a sostegno delle riforme strutturali già realizzate per una migliore finalizzazione della spesa, alla razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi, alla ridefinizione dei rapporti finanziari tra lo Stato e le grandi aziende erogatrici di servizi pubblici, alla riduzione dei finanziamenti a pioggia al settore produttivo, privilegiando gli interventi che attivano risorse comunitarie. Nel settore della sanità l'azione di contenimento continua ad essere orientata a una riorganizzazione del sistema tramite il consolidamento del modello aziendalistico e un'accentuazione del processo di razionalizzazione della spesa, limitando l'accesso alle prestazioni alle reali situazioni di bisogno sanitario.
In materia di pubblico impiego l'azione di riordino del settore proseguirà lungo il sentiero di razionalizzazione della spesa per il personale tramite il rafforzamento del blocco del turnover e l'incentivazione del lavoro part-time tramite l'abolizione delle incompatibilità, nonché una compressione degli oneri connessi a indennità, incarichi e lavoro straordinario. Ulteriori interventi sono indirizzati ai comparti della difesa e della scuola: in particolare nel primo settore, unitamente alla delega al Governo per il riordino dello stato giuridico degli ufficiali, si introducono disposizioni volte a ridurre gradualmente le consistenze organiche degli ufficiali nonché la durata del servizio di leva, mentre nel comparto della scuola le misure prevedono un riordino degli istituti di ogni ordine e grado in relazione ad un migliore impiego degli insegnanti e ad un più congruo ridimensionamento delle strutture, agendo soprattutto sulle dotazioni organiche provinciali. Nel complesso le misure previste consentiranno un recupero del fabbisogno dell'ordine di 1.900 miliardi. In materia di finanza territoriale l'azione di contenimento della spesa, in coerenza con l'avvio della riforma dello Stato in senso federalista, viene condotta parallelamente all'attuazione del decentramento dei poteri impositivi prevedendo una riduzione dei trasferimenti statali a fronte dell'attribuzione di ulteriori entrate proprie agli enti. L'effetto combinato di tale azione consente un recupero netto sul fabbisogno di circa 4mila miliardi.
Ulteriori economie per circa 2.300 miliardi discendono dagli interventi diretti ad attivare il processo di ristrutturazione dei servizi di pubblica utilità. In tale ottica vengono introdotte disposizioni atte a modificare il regime dei servizi postali resi alle pubbliche amministrazioni nonché quelli svolti in regime di libera concorrenza, nel senso di un maggior recupero della qualità dei servizi e un contenimento dei costi compatibili con gli standard europei. In vista del trasferimento alle Regioni delle funzioni in materia di servizi ferroviari di interesse regionale e locale viene affidata all'ente Ferrovie la ristrutturazione delle aziende in gestione commissariale governativa. Si dispone inoltre la revisione dei contratti di servizio e di programma stipulati tra il Ministero dei Trasporti e le Ferrovie, prevedendo a favore di quest'ultimo l'estensione dei regimi di cassa integrazione ordinaria e straordinaria nonché di mobilità. Infine, nell'ottica della generale razionalizzazione della spesa si collocano le misure finalizzate alla riduzione al 5% della misura massima delle anticipazioni di prezzo sui contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni nonché quelle volte ad un riordino strutturale della materia relativa all'acquisto di beni e servizi, allo scopo di ottenere più favorevoli condizioni di mercato. Tale riordino, con effetti significativi differiti nel tempo e dopo la realizzazione del nuovo assetto organizzativo, prevede la concentrazione degli acquisti presso organismi di coordinamento regionale cui affidare anche la valutazione di congruità dei prezzi, nonché l'adozione di termini di pagamento più tempestivi. Questi ultimi interventi, unitamente ad altri minori, produrranno un risparmio dell'ordine di 1.000 miliardi.
Ai fini della definizione del fabbisogno del settore statale relativo all'anno finanziario 1997, il comparto delle entrate tributarie è interessato da una manovra i cui effetti netti produrranno un maggior gettito stimato in circa 12.500 miliardi. Nell'ambito dell'imposizione diretta sono introdotte una serie di norme di contrasto, di carattere antielusivo, atte a definire in modo rigoroso le caratteristiche strutturali necessarie all'individuazione delle cosiddette "società non operative". Il provvedimento attribuisce, in relazione alle caratteristiche delle suddette società, il parametro in base al quale commisurare il reddito minimo attribuibile ai fini Irpeg. E' introdotto un regime agevolativo, mediante un'imposta sostitutiva, atto a incentivare lo scioglimento delle stesse società. Tali norme producono effetti, in senso accrescitivo, anche sul comparto dell'imposizione indiretta, e in particolare sul gettito dell'I.v.a., dal momento che sospendono il rimborso di eventuali crediti. Norme di carattere antielusivo sono anche rivolte a comprimere, nel settore del lavoro autonomo, l'eventuale utilizzo di "splitting improprio" tra familiari. Nel complesso, l'insieme delle misure di carattere prettamente antielusivo si stima possano produrre, già nel 1997, maggiori incassi tributari per circa 2.500 miliardi.
Misure discrezionali interessano, poi, alcuni comparti del regime agevolatorio vigente nel sistema dell'imposizione diretta. In particolare, si è attuata una generale revisione del trattamento tributario relativo ai cosiddetti fringe benefit. Tali misure, che nel complesso dovrebbero produrre maggior gettito per circa 2.500 miliardi, coinvolgono la deducibilità concessa per le autovetture societarie utilizzate dai dipendenti e la quota imputabile al reddito dello stesso. Operano, inoltre, sui buoni pasto fissando un limite monetario (commisurato a quello già vigente come quota esente ai fini delle trattenute previdenziali) e consentendo di computare al reddito da lavoro dipendente la quota eccedente tale limite. Per i prestiti concessi al lavoratore dipendente dal datore di lavoro, è previsto l'assoggettamento a imposta del 50% del reddito figurativo ottenuto come differenza tra l'importo degli interessi calcolati con il tasso ufficiale di sconto e quello derivante dall'applicazione del tasso agevolato.
La manovra tributaria prevede la compressione di taluni regimi agevolativi. L'effetto atteso è stimato complessivamente in circa 800 miliardi. Un contenimento dei margini agevolativi interessa anche il regime dell'imposizione diretta relativa al settore cooperativo. In sostanza, il provvedimento abolisce la riduzione delle aliquote Irpeg e Ilor, nella misura pari a un quarto delle stesse, oggi concessa alle società cooperative e ai loro consorzi (a esclusione di quelle agricole, di piccola pesca e di produzione e lavoro). Uno specifico provvedimento provvede altresì ad abolire l'agevolazione concessa all'Istituto centrale per il credito a medio termine (Mediocredito centrale) nella determinazione del reddito imponibile ai fini delle imposte Irpeg e Ilor (deduzione del dividendo attribuita allo Stato in relazione agli apporti al fondo di dotazione dell'Istituto). Una norma opera, invece, sul regime delle detrazioni vigente ai fini dell'imposta personale sui redditi; in particolare, viene attuata una revisione della detrazione concessa per le spese mediche, prevedendo l'unificazione del trattamento fiscale, attualmente diversificato in relazione alle tipologie di spesa (generiche o specialistiche), e introducendo per le diverse categorie di spesa medica una franchigia unica. Gli effetti di tale norma si stima comportino a regime un maggior gettito di circa 380 miliardi su base annua, che, in virtù dei meccanismi di acconto, corrispondono a maggior incassi, per poco più di 650 miliardi, attivi ai fini del saldo contabile relativo all'anno finanziario 1997.
Ulteriori misure comportano modifiche ai regimi, sia ai fini delle imposte dirette sia delle indirette, vigenti in materia di tassazione degli immobili. E' prevista, infatti, una maggiorazione delle rendite catastali degli immobili, nella misura del 5%, che dovrebbe comportare a regime un incremento di gettito poco superiore ai 400 miliardi. In merito, giova ricordare che ai fini del saldo del settore statale l'effetto positivo per l'anno 1997 non comprende i maggiori incassi ottenibili in sede di definizione dell'Irpef (ai fini dell'imposta personale infatti l'effetto incrementale si otterrebbe a partire dal 1998, in relazione al saldo d'imposta per i redditi realizzati nel 1997 e agli acconti da versare per l'anno in corso; solo nel 1999, quindi, si avrebbe sul gettito Irpef l'effetto a regime della modifica attuata, pari a circa 270 miliardi), ma si avvale del gettito aggiuntivo, pari a circa 170 miliardi, ottenibili ai fini dell'imposta di registro, delle ipotecarie e dei diritti catastali e dell'imposta sulle successioni. L'effetto di questa disposizione comporta altresì, già nel 1997, un notevole incremento (1.400 miliardi circa) nel gettito dell'Ici (effetto, però, irrilevante nella computazione del comparto attivo del conto del settore statale), in relazione alla concessa maggiorazione per ulteriori 5 punti percentuali, delle rendite catastali ai soli fini di questa imposta.
Un incremento, nella misura del 10%, riguarda invece le rendite catastali relative ai redditi dominicali e agrari: gli effetti attesi si riflettono nell'anno finanziario 1998 e seguenti. Il settore agricolo è anche interessato da alcune modifiche che intervengono sulla determinazione del reddito derivante dall'esercizio dell'attività agricola. Tali norme consentono di realizzare a regime un maggior gettito pari a circa 120 miliardi, equivalenti, in concessione al meccanismo degli acconti dovuti per le imposte dirette, a circa 200 miliardi ai fini del saldo relativo al 1998. La manovra include, poi, un provvedimento diretto ad agevolare la trasformazione delle società di fatto, i cui presumibili effetti, di carattere straordinario in quanto validi per il solo 1997, sono stimati in circa 100 miliardi. Un provvedimento interessa le entrate relative alla categoria "lotto, lotterie e altre attività di gioco". In sostanza, viene prevista, per il lotto, la possibilità di introdurre giocate infrasettimanali, con un utile netto per l'erario stimato in circa 300 miliardi, nonché l'introduzione di un nuovo gioco, i cui effetti in termini di maggiori incassi netti sono stimati in circa 500 miliardi. Per la scommessa Tris e le altre scommesse ippiche, in luogo dell'imposta sugli spettacoli, è introdotta una imposta sostitutiva con un aliquota dell'8% (tre punti percentuali in più rispetto all'aliquota vigente). Il gettito aggiuntivo prodotto da questa norma è stimato pari a circa 200 miliardi. Nell'ambito della manovra sono ricomprese una serie di proposte di legge delega che nel complesso si stima possano produrre nel prossimo triennio maggiori entrate non inferiori a 1.000 miliardi per il 1997, a 2.400 miliardi per il 1998 e 3.600 miliardi per il 1999. Una componente rilevante della manovra è, poi, costituita da un insieme di norme da emanarsi entro il 31 dicembre 1996. Questo "pacchetto" di provvedimenti si stima che dovrebbe produrre incassi netti aggiuntivi per circa 4.300 miliardi, relativamente all'anno finanziario 1997, per circa 2.300 miliardi nel 1998 e per circa 2.100 miliardi nel 1999.
Nel prossimo triennio verrà avviata un'incisiva riforma del sistema tributario, che si svilupperà lungo le linee programmatiche già indicate nel Documento di programmazione economico-finanziaria e più precisamente delineate nelle proposte di legge delega collegate alla legge finanziaria per il 1997. In particolare, possono essere individuate tre fondamentali direttrici di intervento: il decentramento fiscale, la razionalizzazione di taluni regimi di tassazione e la semplificazione del sistema. Gli interventi programmatici e gli obiettivi prefissati verranno realizzati mediante una serie di leggi delega i cui contenuti sono di seguito illustrati.
Finanza regionale e locale
Si propone al Parlamento una legge delega finalizzata alla realizzazione di un ampio decentramento fiscale, che coniughi la necessità di potenziare l'autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali con la realizzazione e la semplificazione del sistema tributario. La legge delega traccia le principali linee di intervento ai fini dell'introduzione di un'imposta regionale, l'Irep (imposta sul reddito prodotto), caratterizzata da un'ampia base imponibile e da una bassa incidenza, che costituisca, a parità di gettito, numerosi tributi (l'Ilor, l'Iciap, la tassa di concessione sulla partita Iva e l'imposta sul patrimonio netto delle imprese) e tutte le forme obbligatorie di contribuzione sanitaria. L'istituzione della nuova imposta sarà inoltre accompagnata da una possibile partecipazione delle regioni al gettito dell'Irpef attraverso la facoltà di introdurre un'addizionale. Le modifiche coinvolgeranno anche la struttura dell'imposta personale sul reddito con un'azione volta a ridurre il numero degli scaglioni, a compensare gli effetti prodotti sul reddito disponibile dall'abolizione dei contributi sanitari, compresa la cosiddetta tassa sulla salute, e dall'introduzione dell'Irep, nonché a revisionare il trattamento fiscale delle famiglie.
Trattamento fiscale delle attività finanziarie e di impresa
L'obiettivo è in primo luogo quello di delineare una disciplina organica della tassazione delle attività finanziarie. In merito, si propone l'accorpamento delle ritenute e imposte sostitutive esistenti e un regime sostitutivo di tassazione generalizzata delle plusvalenze. L'aliquota sui titoli di Stato rimarrà al 12,5 per cento. L'intervento disciplinerà in modo organico ed esaustivo la materia delle rendite finanziarie perseguendo sia l'obiettivo della neutralità dell'imposizione sia quello dell'introduzione di un regime semplice gestito dagli intermediari. Attraverso, poi, la ridefinizione ed estensione delle singole fattispecie di redditi si otterrà un allargamento della base imponibile. Si prevede quindi la tassazione di tutti i redditi da attività finanziaria, con la possibilità di optare per la tassazione attraverso intermediari specializzati, con il vantaggio di usufruire in questo caso dell'anonimato. In particolare, per le gestioni patrimoniali e gli Oicvm (Organismi di investimento collettivo in valore immobiliare), si propone una forma di tassazione sul risultato annuo. In tal caso la tassazione delle plusvalenze avviene sul maturato, ma con l'applicazione di un sistema di equalizzazione per perequare tale regime con quelli che prevedono la tassazione del realizzato. Nel caso in cui non si eserciti l'opzione per la tassazione attraverso intermediari sussiste ovviamente l'obbligo di dichiarare i redditi pagando le relative imposte sostitutive.
La tassazione delle imprese verrà ridisegnata per ridurre l'attuale incentivo all'indebitamento al ricorso al capitale proprio, per favorire la capitalizzazione e la quotazione in Borsa. Verrà, in particolare, introdotto il meccanismo della cosiddetta dual income tax. Si tratta di un regime impositivo che prevede due aliquote: una ridotta pari a quella applicata ai redditi di capitale, e una più elevata cui assoggettare i profitti che eccedono il rendimento finanziario normale applicato al capitale proprio. Non da ultimo è prevista anche una revisione della tassazione delle operazioni di riorganizzazione societaria attraverso un nuovo regime agevolato per le plusvalenze, che emergono dalle operazioni di cessione e conferimento di aziende, di scambio di partecipazione e dalle operazioni di fusione e scissione. Sono altresì previste l'integrazione con le norme sul credito d'imposta e il trattamento dei dividendi, l'abolizione delle maggiorazioni di conguaglio e l'affrancamento oneroso delle relative riserve.
Le semplificazioni
La legge delega è finalizzata alla semplificazione dei tributi, degli adempimenti, e quindi dei costi per i contribuenti, nonché al contenimento dei costi di gestione sostenuti dall'amministrazione finanziaria. In tale ambito si prevede, quindi, di completare la riforma del contenzioso tributario e di razionalizzare il sistema delle dichiarazioni delle imposte dirette e dell'Iva. Verrà, inoltre, potenziata fortemente l'attività di assistenza e di informazione ai contribuenti. Non da ultimo, si procederà per le cosiddette imprese minori alla riduzione degli adempimenti contabili.
Accertamenti, sanzioni e lotta all'evasione
Una generale riqualificazione dell'attività di accertamento verrà incentivata attraverso la definizione e l'entrata a regime dell'istituto concordatario accompagnata dalla revisione delle sanzioni. L'attività di accertamento verrà potenziata anche con il rafforzamento degli organici. Il sistema sanzionatorio tributario non penale sarà interessato da una riforma organica e rigorosa, tale da renderlo più sensibile ai fondamentali criteri di giustizia ed equità. Il disegno di legge delega, in questo spirito, delinea le fondamentali direttrici di intervento. In particolare: l'adozione di un procedimento unitario inerente all'irrogazione delle sanzioni assicurando l'effettiva possibilità di difesa e la sollecita esecuzione del provvedimento; l'adozione di una unica specie di sanzione pecuniaria diretta; l'adeguamento delle disposizioni sanzionatorie attualmente disperse nelle singole leggi di imposta onde assicurare l'uniformità di disciplina; la ridefinizione del sistema sanzionatorio cumulativo, qualora uno stesso comportamento dia luogo a più violazioni; la previsione di un sistema di corresponsabilità per il soggetto che si giovi anche indirettamente degli effetti economici della violazione.
Enti non commerciali e organizzazioni non lucrative di utilità sociale
La legge delega in materia di enti non commerciali e organizzazioni non lucrative di utilità sociale si prefigge il riordino, secondo criteri di unitarietà, della disciplina tributaria di tali soggetti al fine di agevolare la loro attività sociale. Si procederà quindi a una precisa individuazione dei soggetti interessati. In particolare, per le Onlus è previsto, accanto alla definizione di un regime fiscale agevolatorio, un sistema atto a incentivare le possibilità di finanziamento dell'ente non profit per ciò che concerne la propria attività istituzionale. La delega prevede, poi, l'istituzione di un'autorità di controllo atta a garantire l'uniforme applicazione delle normative sui requisiti soggettivi e sull'ambito di operatività rilevante per le Onlus.
Regime tributario sulle successioni, donazioni e l'imposta di registro
Il regime tributario di tali imposte sarà riveduto attraverso la legge delega al fine di armonizzarlo e coordinarlo con altre normative. In particolare si procederà alla ridefinizione delle categorie dei successibili, alla esclusione dell'imposta nei trasferimenti a titolo gratuito (da sottoporre all'imposta di registro), alla revisione di obblighi e termini di presentazione e all'introduzione del principio di autoliquidazione.
Nel 1997, perché il processo di rientro dall'inflazione continui e si consolidi, appare essenziale la prosecuzione e l'estensione della politica dei redditi, accanto a una rigorosa politica di bilancio per il rispetto degli obiettivi enunciati di finanza pubblica. In effetti, una politica attenta in materia di tariffe pubbliche e prezzi controllati e, in generale, un monitoraggio e una sorveglianza attenta dei prezzi al consumo nel loro complesso è ritenuta essere una componente essenziale, al fine di massimizzare lo sviluppo e l'occupazione in un quadro di stabilità monetaria e finanziaria.
In particolare, l'intervento dello Stato in materia di tariffe dei servizi pubblici deve, innanzitutto essere ispirato al criterio dell'ottima allocazione delle risorse disponibili. Deve cioè garantire alle imprese produttrici un sano equilibrio del bilancio di medio periodo, ivi incluso un margine di profitto normale, alla condizione che i costi di produzione siano minimi. Allo stesso tempo le tariffe vanno concepite come strumento per finanziare lo sviluppo degli investimenti attraverso il mercato, col metodo del project financing (e quindi non interamente attraverso i bilanci pubblici) secondo una programmazione intersettoriale, anche per favorire la crescita dell'occupazione. Le politiche d'intervento in materia di prezzi possono altresì configurarsi come strumentali rispetto:
a) al controllo di posizioni monopolistiche;
b) alla necessità di garantire il soddisfacimento di bisogni essenziali delle classi meno abbienti (anche se lo strumento può rivelarsi tra i meno efficaci);
c) all'intervento dell'operatore pubblico per incentivare o penalizzare la domanda del mercato rispetto a determinati obiettivi di sviluppo settoriale, compatibili con la protezione di interessi generali che il mercato tende a trascurare, come quelli ambientali (in questo ambito possono iscriversi l'istituzione di "sovrapprezzi" finalizzati alla razionalizzazione della domanda, ad esempio nel settore autostradale per decongestionare il traffico, ovvero il mantenimento di "agevolazioni" che incentivano l'utilizzo di alcuni servizi, ad esempio il trasporto merci su rotaia e così via).
Le strategie d'intervento, perché sia possibile utilizzare lo strumento tariffario nell'ambito della politica dei redditi, sono essenzialmente:
a) coordinare tutti gli interventi in materia di prezzi e tariffe, dando piena attuazione alle direttive Cipe;
b) istituire referenti regionali per i prezzi e le tariffe, da nominare da parte della Regione nell'ambito dell'assessorato regionale al Bilancio, con il compito di coordinare tutte le iniziative assunte, o in via di definizione, in materia di tariffe e monitoraggio dei prezzi nell'ambito locale. Ciò consentirebbe, peraltro, di armonizzare l'impianto regolamentare (adeguamenti tariffari, utilizzando la metodologia del price cap, inseriti in un contratto di programma, previa verifica della ottimalità della tariffa di base) delineato per i servizi a livello centrale con quelli gestiti nell'ambito locale;
c) riconsiderare l'andamento effettivo delle tariffe e dei prezzi pubblici, da mettere a confronto con l'evoluzione dei costi di produzione, sottoponendo a monitoraggio beni e servizi per i quali la concorrenzialità del mercato di riferimento risulti contenuta ovvero inesistente e dove, conseguentemente, si sono evidenziate dinamiche dei profitti superiori al normale;
d) istituire confronti periodici con le associazioni di categoria della produzione e della distribuzione, al fine di incentivarle ad assumere comportamenti coerenti per un effettivo rientro della dinamica inflazionistica. Incentivi fiscali potrebbero essere attuati per favorire comportamenti "virtuosi", per contro oneri fiscali si potrebbero adottare per scoraggiare comportamenti "non virtuosi o scorretti";
e) garantire un'informativa tempestiva delle tendenze dei prezzi da fornire ai cittadini, a mezzo organi di stampa e reti televisive, al fine di indirizzare i consumi - con una maggiore informazione - verso scelte ottimali sulla base del rapporto qualità-prezzo e prestazione-prezzo e, in generale, per tutelare maggiormente i consumatori.
Anche nell'attuale congiuntura i capisaldi della politica economica del Governo restano ancorati agli impegni assunti con l'adesione all'Unione europea: riassorbimento dell'inflazione, risanamento dei conti pubblici e la piena attuazione della politica dei redditi tracciata dall'accordo di luglio 1993. La sessione di politica dei redditi tra Governo e parti sociali del 1996 ha affrontato i temi riguardanti lo sviluppo e l'occupazione nelle aree depresse, la qualificazione delle risorse umane, la flessibilità del lavoro, mentre la regolazione della dinamica salariale è in questa fase affidata alle trattative di categoria. I contratti fin qui rinnovati hanno rispettato sostanzialmente le regole dell'accordo: ne è conferma una dinamica della componente contrattuale dei salari, in linea con i tassi d'inflazione programmata, che ha contribuito al riassorbimento delle tensioni inflazionistiche.
Si è assistito, infatti, negli anni recenti a un cambiamento dei comportamenti delle parti sociali mirati al mantenimento sia di un buon clima delle relazioni sindacali, sia dei nuovi equilibri economici conseguenti alla sempre più ampia concorrenza internazionale. La moderazione salariale ha consentito il raggiungimento degli obiettivi di disinflazione in presenza della debolezza della lira, senza compromettere la crescita economica, come sarebbe, invece, avvenuto agendo esclusivamente sulla politica monetaria. Secondo alcune recenti ricerche, si valuta l'effetto della politica dei redditi sulla disinflazione in circa 1 punto percentuale nel 1996 e si stima che, in assenza dei suddetti "comportamenti razionali" delle parti sociali, si sarebbe determinata una perdita addizionale di prodotto intorno all'1 per cento.
Occorre pertanto evitare che le attuali condizioni di debolezza della domanda, il ristagno dell'attività produttiva, conducano a un irrigidimento delle posizioni delle parti, con il pericolo di tornare a modelli di formazione del salario, affermatisi nei decenni precedenti, incompatibili con le esigenze di competitività. In particolare, risulta controversa la concessione di recuperi salariali conseguenti a un andamento dell'inflazione passata difforme da quella programmata, la cui erogazione verrebbe a coincidere con una fase di rallentamento economico. Tenuto conto che i guadagni di fatto sono determinati, oltre che dalla componente contrattuale nazionale, anche da quella dovuta alla contrattazione integrativa, e che quest'ultima ha distribuito, nelle imprese più espansive, una quota della produttività conseguita durante il ciclo favorevole, si prospetta per l'anno in corso una dinamica salariale tendenzialmente più elevata dell'inflazione, con effetti di trascinamento anche nel 1997.
La riduzione dell'effetto di compensazione esercitato dalla produttività sulla dinamica dei redditi unitari, derivante dal forte rallentamento dell'attività produttiva, determina un andamento del clup sostenuto nel 1996, ma in via di riassorbimento nell'anno successivo. D'altra parte, il modello di formazione dei salari tracciato dall'accordo di luglio 1993 si sviluppa in un arco quadriennale di tempo e si fonda sul controllo delle aspettative d'inflazione. Quindi, una dinamica salariale che risulti sfasata rispetto a quella dei prezzi in un determinato anno può essere riassorbita negli anni successivi, a condizione che i contratti restino ancorati ai tassi d'inflazione programmata. Le regole poste dall'accordo di luglio comportano, infatti, che il recupero di eventuali scarti tra inflazione programmata e reale avvenga nel rispetto delle condizioni di compatibilità economica delle imprese del settore, ma anche del sistema produttivo nazionale.
In tale contesto il Governo è impegnato a tener conto delle esigenze di equità nella distribuzione del reddito. Dal 1991, infatti, per effetto sia della riduzione dell'occupazione sia della moderazione salariale, la quota dei redditi da lavoro dipendente sul Pil è diminuita di 4 punti percentuali, in linea con le tendenze dei maggiori paesi europei. In questo senso, la risoluzione parlamentare di approvazione del Dpef 1997-99 impegna il Governo per i prossimi anni a "definire misure di politica economica e distributiva atte a garantire il potere d'acquisto delle retribuzioni del reddito". Per il biennio 1996-97 i tassi d'inflazione indicati nel Dpef 1997-99 e in questa sede riconfermati sono pari a 6,4%, rispettivamente 3,9% per il 1996 e 2,5 % nel 1997, con un lieve scostamento rispetto a quelli previsti nella Rpp dello scorso anno (3,5% nel 1996 e 3% nel 1997).
L'impegno per la tutela dei redditi delle fasce deboli e delle famiglie attraverso l'adeguamento degli assegni familiari e degli sgravi fiscali proseguirà secondo le soluzioni già adottate in applicazione della finanziaria 1996. L'impegno del Governo ad attuare pienamente la politica di tutti i redditi è volto, inoltre, a sorvegliare attentamente l'evoluzione di tariffe e prezzi controllati contribuendo, per tali vie, alla discesa dell'inflazione e al mantenimento del potere d'acquisto dei lavoratori. La prosecuzione del processo di contenimento della dinamica dei prezzi dei fattori produttivi, al netto degli impulsi inflazionistici esterni, attraverso lo stimolo della concorrenza e la rimozione delle condizioni di inefficienza ancora presenti in alcuni settori, potrà consentire da un lato il recupero del potere d'acquisto dei lavoratori, dall'altro favorire gli investimenti. E saranno proprio questi ultimi, opportunamente indirizzati, a determinare le condizioni per un allargamento della base produttiva e occupazionale del paese, e quindi, nel medio-lungo periodo, per una ripresa dell'espansione della quota del lavoro che ci ponga, progressivamente, sui livelli dei nostri partner.
La promozione di nuovi investimenti e la rapida attuazione dei progetti già decisi per dotare vaste zone di infrastrutture che accrescano la competitività e agevolino la circolazione dei prodotti e dei servizi, nell'ambito di accordi di aree potrà essere incentivata da forme di flessibilità salariale. In riferimento alle prospettive occupazionali legate alla crescita produttiva, si è proceduto alla definitiva determinazione delle aree di crisi, in cui andranno applicati i contratti di aree. Si è infatti preferito concentrare interventi e risorse in determinate zone del Mezzogiorno e nelle altre aree depresse del Paese per dotarle delle infrastrutture e dei mezzi necessari a stimolare il processo di crescita, l'aggregazione industriale e la qualificazione delle risorse umane. I provvedimenti di politica economica saranno coniugati con politiche del lavoro volte al miglioramento della gestione delle risorse umane e all'accrescimento delle opportunità di impiego. In questa prospettiva riveste particolare importanza il "Patto per il lavoro " raggiunto il 24 settembre che il Governo accompagna con interventi collegati alla finanziaria, tesi ad attuare nel mercato del lavoro una flessibilità normata, che integri quella raggiunta in via contrattuale negli accordi fra le parti sociali. L'obiettivo del "piano straordinario per l'occupazione" è l'aumento del tasso di occupazione nel Mezzogiorno e nelle aree depresse e per questa via l'avvicinamento ai tassi di occupazione europei più elevati di circa 7 punti di quelli italiani. Le politiche del lavoro, concordate fra le parti, sono tese da una parte alla qualificazione dell'offerta di lavoro mediante l'adeguamento del sistema scolastico e formativo, dall'altra alla produzione della domanda di lavoro.
Per la formazione l'accordo prevede l'elevazione a 16 anni dell'obbligo scolastico, che sarà ristrutturato nei cicli e innovato nei curricula, e la promozione della formazione fino a 18 anni attraverso valorizzazione degli istituti professionali e potenziamento delle parti formative dell'apprendistato e dei contratti di formazione lavoro.
Un ruolo determinante viene riconosciuto alle parti sociali quali rappresentanti di domanda e offerta di lavoro nel prospettare esigenze e priorità per la realizzazione di interventi concertati e mirati sulle strutture formative. Allo snellimento delle procedure per gli stage aziendali, teso a promuovere soprattutto l'ingresso dei giovani nella vita lavorativa, si accompagnerà l'attuazione di programmi di formazione continua, scolastica ed extrascolastica, capaci di instaurare uno stretto collegamento tra scuola e lavoro. Si rivedrà, quindi, l'intera articolazione del sistema scolastico prevedendosi, dopo il nuovo obbligo, offerte formative e professionali a vari livelli accanto alla scuola secondaria vera e propria e all'università. Risorse finanziarie e ampi margini di autonomia saranno attribuiti alle singole istituzioni scolastiche, con equi sistemi di contribuzione da parte dell'utenza, mentre nelle università e nelle istituzioni scientifiche sarà proposta la ricerca applicata, favorendo anche l'apporto di capitali privati, con l'obiettivo di rafforzare il collegamento tra ricerca, formazione e sistema produttivo, soprattutto a vantaggio delle piccole e medie imprese, e di operare così un riallineamento con i principali paesi europei in cui circa il 2% del prodotto interno lordo viene destinato alla ricerca.
Per lo sviluppo della domanda di lavoro, nell'attuale fase caratterizzata da importanti trasformazioni strutturali, si riconosce l'esigenza di un'azione integrata fra politiche macroeconomiche di sostegno allo sviluppo realizzate tramite l'incremento degli investimenti e sgravi contributivi, politiche del lavoro caratterizzate dalla revisione delle norme sul mercato del lavoro. Gli sgravi contributivi da concordare in sede europea sono previsti per i giovani nelle aree del Mezzogiorno e per i contributi sanitari, con effetti di alleggerimento dei costi del lavoro per dipendente. Nell'accordo sono previste nuove regole riguardanti le varie tipologie di rapporti di lavoro. Per il part time, oltre alla parificazione dei contributi già disposta dal Dl 409/96, si prevedono agevolazioni contributive. Questo strumento verrà utilizzato per dare un primo impiego ai giovani che hanno investito nella formazione professionale e per chi si trovi in particolari situazioni familiari. Per l'apprendistato si propone un nuovo modello con una fascia di età tra i 16 e i 24 anni (26 per il Mezzogiorno), durerà tra i 18 mesi e i 4 anni anziché tra i 15 e i 20 e ulteriori incentivi sui contributi, modulati in relazione all'impegno formativo delle imprese, cofinanziato dalla Ue. Dovrebbe, inoltre, essere elevata da 32 a 35 anni l'età massima per accedere ai contratti di formazione nelle aree meridionali, con incentivi alle aziende che assumano stabilmente lavoratori.
Per quanto riguarda la riforma dei servizi dell'impiego (il cui iter legislativo è già avanzato) si è riconfermata la necessità di passare da un ruolo passivo di registrazione della disoccupazione a uno attivo di promozione dell'occupazione, secondo i criteri del decentramento locale e della liberalizzazione regolata dell'attività privata.
L'introduzione del lavoro interinale nel nostro ordinamento, secondo i principi dell'accordo del luglio 1993, dovrebbe consentire l'ampliamento della domanda di lavoro e la regolarizzazione delle posizioni irregolari. Per i lavori socialmente utili si prevede una disciplina organica che valorizzi pienamente il ruolo dell'iniziativa locale. Per favorire la creazione di imprese sono previste facilitazioni fiscali e finanziamenti agevolati con l'utilizzo delle risorse messe a disposizione dell'Unione europea.
La politica del governo a favore dell'attività di investimento non si limita all'intervento diretto, specificatamente nel settore delle opere pubbliche, ma mira essenzialmente alla creazione delle condizioni ottimali e delle migliori opportunità per lo sviluppo degli investimenti privati. A tal fine è indispensabile l'attuazione delle linee di politica economica, indicate nel programma di Governo, per restituire piena competitività al mercato e rinnovata fiducia agli operatori in un quadro macroeconomico contrassegnato dalla stabilità monetaria e dalla progressiva riduzione dei tassi di interesse. Obiettivo del Governo è quello di favorire la nascita di nuove imprese e il consolidamento di quelle esistenti, attuando misure a favore soprattutto delle piccole e medie imprese, la cui flessibilità e agilità produttiva costituiscono lo strumento più efficace per corrispondere agli adattamenti produttivi sempre più imposti dalla continua evoluzione del progresso tecnologico e dai mutamenti nelle preferenze dei consumatori. Il clima favorevole allo sviluppo delle nuove imprenditorialità potrà essere sensibilmente migliorato dalla capacità di realizzazione di nuove infrastrutture, innanzitutto private, in settori quali l'energia, i trasporti, le comunicazioni e la trasmissione dei dati. Per lo sviluppo di iniziative private in tali settori sarà fondamentale, più che assegnare risorse pubbliche, procedere nel programma di privatizzazione stabilito, promuovere un maggior grado di liberalizzazione dei mercati, con conseguente sviluppo della concorrenza, e predisporre normative certe per gli operatori dei vari settori.
Sul piano degli strumenti finanziari idonei a favorire l'attività di investimento, la politica del Governo è rivolta da un lato a considerare l'utilità di forme di incentivazione, già sperimentate in passato, quale quella fiscale, dall'altro lato a conseguire la piena attivazione dei fondi strutturali e regionali europei, il cui utilizzo è risultato sinora largamente deficitario. Lo sbocco di tali fondi, la cui disponibilità per l'effettuazione degli investimenti cofinanziati dall'Italia e dall'Unione europea è pari complessivamente nel periodo 1994-99 a 106mila miliardi (43mila di provenienza Ue), costituirà un impegno prioritario del Governo. L'azione dell'esecutivo sarà, infatti, volta a rendere efficaci ed effettivi il ruolo e la responsabilità degli enti territoriali anche attraverso la semplificazione delle attuali complesse procedure burocratiche. A fronte di ritardi nella progettazione "dal basso" è intendimento del governo dare attuazione al principio di sussidiarietà, per cui al criterio formale di riparto delle competenze tra i diversi livelli di Governo si aggiunge un criterio flessibile che giustifica l'intervento dell'uno o dell'altro livello a seconda della natura e della dimensione dei problemi da risolvere, degli interessi coinvolti, degli obiettivi generali perseguiti. In base a tale principio sarà possibile effettuare, con l'assenso naturalmente dell'Unione europea, la riprogrammazione delle risorse disponibili, mediante il dirottamento dei fondi non ancora utilizzati dalle Regioni su progetti di pronta fattibilità, anche trasferendo la "titolarità" degli investimenti verso le amministrazioni centrali e altri enti pubblici. L'accelerazione dell'utilizzo delle risorse comunitarie che, in tal modo, il Governo intende imprimere potrà tradursi in un volume annuale di spesa effettiva pari già nel 1997 a circa 4mila miliardi, per incrementarsi sino agli 8mila e ai 10mila miliardi rispettivamente nel 1998 e nel 1999.
Per quanto riguarda il più tradizionale intervento diretto dello Stato esso si concentrerà principalmente sul rilancio delle grandi opere infrastrutturali: lavori pubblici, trasporti, informatica e telecomunicazioni. Ciò allo scopo di migliorare la capacità competitiva dell'intero sistema economico e sopratutto ridurre il divario infrastrutturale tra il Nord e il Sud del paese, proseguendo sulla strada indicata dal "Libro bianco sul rilancio delle grandi opere infrastrutturali per lo sviluppo e l'occupazione". Tale rilancio costituisce anche l'occupazione per il coinvolgimento delle forze produttive locali. Nel settore di competenza dei lavori pubblici è prevista la riapertura dei cantieri rimasti bloccati per portare a compimento le opere già iniziate; l'attuazione del programma dei lavori 1996 dell'Anas, riguardante soprattutto interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria del sistema viario nazionale, nonché per nuove opere volte al recupero di sicurezza della rete stradale; l'attivazione dei fondi ex Gescal giacenti presso la Cassa depositi e prestiti; per accelerare la realizzazione dei programmi di riqualificazione urbana e del programma straordinario di edilizia residenziale.
Nell'ambito di una politica territoriale, tesa sopratutto a sviluppare una sistematica attività di pianificazione delle opere di difesa del suolo a carattere preventivo, acquista notevole importanza il riordino del servizio idrico integrato (acquedotti, fognature e depurazione), che soprattutto nel Mezzogiorno assume un carattere di urgenza, in considerazione del forte ostacolo frapposto al rilancio di ampie zone di quell'area dalla grave carenza di tali infrastrutture. Tale riordino dovrà basarsi, sul piano finanziario, su un meccanismo tariffario in grado di coprire integralmente i costi di esercizio e di investimento. Per il settore dei trasporti la scelta del Governo è quella di caratterizzare gli investimenti in termini di intermodalità, promuovendo i trasporti marittimi, aerei e su rotaie. In tale orientamento l'impegno dell'esecutivo si concentra sull'accelerazione dei lavori riguardanti l'Alta velocità sulle tratte ferroviarie già approvate e sulla contestuale approvazione delle restanti linee, nonché sullo sviluppo del trasporto locale, degli interporti e degli aeroporti. Il criterio fondamentale per la realizzazione dei nuovi investimenti è quello di concentrare nel Mezzogiorno le risorse finanziarie pubbliche, anche al fine del pieno utilizzo dei finanziamenti comunitari, e di promuovere l'afflusso di capitali privati sia sotto forma di partecipazione azionaria che di utilizzo di nuovi strumenti finanziari. Per quel che riguarda il settore dell'informatica e delle telecomunicazioni, i principali obiettivi del Governo sono la predisposizione di un quadro regolamentare certo per le aziende operanti in tali comparti, la qualificazione della domanda pubblica e il sostegno all'attività di ricerca e sviluppo.
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